La cannabis negli Stati Uniti si sta affermando come sostanza d’uscita per ridurre l’epidemia di morti dovuti agli overdose di oppiacei, che vengono prescritti con grande facilità. Diversi studi scientifici analizzano come possa aiutare a placare l’astinenza e come la cannabis medica contrasti l’uso di questo tipo di farmaci.
Mentre in Italia si demonizza la cannabis, pure quella "light", l’eroina torna a mietere vittime. E mentre i nostri politici distorcono il dibattito pubblico sostenendo che le droghe sono tutte uguali, negli USA utilizzano la cannabis ad uso medico per cercare di invertire l’epidemia da oppiacei che colpisce il paese.
A causa della facilità con cui negli Stati Uniti vengono prescritti questo tipo di farmaci, la situazione negli anni è scappata di mano e la stampa ne parla ormai come di una vera e propria emergenza nazionale. I casi di overdose, compresi quelli da prescrizione, sono più che quadruplicati dal 1999 uccidendo più di 28mila persone nel 2014. Oltre la metà di queste morti erano casi di pazienti con regolare prescrizione medica di sostanze oppiacee. Nel 2015 i morti sono diventati più di 33mila. Nel 2016 secondo uno studio i casi di morte per overdose dovuti a eroina o oppioidi sono stati 42.249, 115 al giorno, uno ogni 12 minuti. Parliamo di farmaci come l’hydrocodone (Vicodin), l’oxycodone (Oxycontin) o il Fentanyl resi celebri nell’immaginario colletivo anche da alcune serie televisive.
Un problema talmente sentito da portare un celebre giocatore dell’NFL americana ad iniziare una battaglia per far ammettere la cannabis terapeutica. “La NFL conta molto sugli oppioidi affinché i giocatori tornino in campo il prima possibile, ma gli studi scientifici hanno dimostrato la marijuana medica può essere una soluzione di gran lunga migliore; è più sicura, dà meno dipendenza e può anche ridurre la dipendenza da oppiacei”. Ha dichiarato tempo fa Eugene Monroe che milita nei Baltimore Ravens ed è stato il primo giocatore in attività ad aver chiesto all’NFL di poter usare la cannabis per curare il dolore causato da botte e infortuni.
Il riferimento è a studi come quello condotto da ricercatori dell’Istituto Farber per le Neuroscienze alla Thomas Jefferson University di Philadelphia, in cui gli autori hanno notato che l’astinenza da oppiacei diminuisce “nei pazienti sotto metadone che usano cannabis durante la stabilizzazione”. In un altro studio su 60 pazienti con dipendenza da oppiacei realizzato presso la Columbia University di New York, il THC “ha ridotto la gravità di astinenza da oppiacei durante la disintossicazione acuta”. Il lavoro scientifico più recente, tra quelli che identificano la cannabis come mezzo per ridurre la dipendenza in modo efficace, è stato pubblicato da poco e racconta che il CBD, testato su cavie animali, potrebbe essere una nuova arma per combattere la dipendenza da eroina: “La somministrazione acuta di CBD, in contrasto con il placebo, ha ridotto significativamente sia il desiderio che l’ansia. Il CBD ha anche mostrato effetti protratti significativi su queste misure 7 giorni dopo l’assunzione”. Non solo, perché il CBD ha ridotto i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress). Sono alcuni dei tanti esempi che stanno portando l’America a considerare la cannabis come sostanza d’uscita nei confronti di diverse dipendenze, come quelle da alcol, nicotina, cocaina e appunto i derivati dall’oppio, ribaltando dunque il concetto che vede la cannabis come sostanza d’ingresso per l’uso di droghe pesanti.
Dall’altro lato la cannabis sta contribuendo significativamente a far calare il consumo di questo tipo di farmaci, perché è un’alternativa valida nel trattamento del dolore, che è spesso uno dei motivi per cui vengono prescritti i derivati dell’oppio e perché può essere prescritta insieme a questo tipo di farmaci permettendo di ridurre i quantitativi e migliorando gli effetti terapeutici. Uno studio pubblicato sul JAMA Internal Medicine del 2014 ha mostrato che Stati americani che hanno autorizzato l’uso di cannabis terapeutica, dopo aver emanato le leggi, hanno avuto un tasso del 24,8% più basso riguardo alla mortalità annuale per overdose da analgesici oppiacei rispetto agli Stati in cui la cannabis terapeutica è ancora illegale.
Secondo un altro lavoro, pubblicato sul Journal of General Internal Medicine e curato dagli scienziati di Pharmerit International, la legalizzazione della cannabis medica è risultata associata a una minore probabilità di uso di oppioidi del 5%, di uso regolare di oppiacei del 7% e di uso di oppioidi ad alto rischio del 4%. Mentre secondo un ulteriore studio curato dai ricercatori del Dipartimento di medicina di famiglia e sanità pubblica dell’Università della California a San Diego e pubblicato su Drug and Alcohol Dependance il numero di prescrizioni e le dosi totali di oppioidi sono state ridotte negli stati che hanno legalizzato l’uso della cannabis per gli adulti.
Intanto arrivano anche i primi provvedimenti legislativi: in Colorado è appena stata approvata una legge che estende la possibilità di prescrivere la cannabis medica per tutte le patologie per le quali sono utilizzati gli oppioidi. E arrivano anche i processi: la multinazionale Johnson & Johnson è alla sbarra per aver venduto fino al 2016, anno in cui ha ceduto il business, farmaci a base di codeina e ossimorfone, oltre che il fentanyl, con politiche di marketing che hanno portato il fenomeno a crescere sempre di più.
Le stime dicono infatti che negli Stati Uniti 2 milioni di cittadini, equivalenti al 75% dei tossicodipendenti totali, hanno iniziato con una regolare prescrizione medica. Un fenomeno che sta arrivando anche in Europa e in Italia, dove nel frattempo, dopo un decennio di calo costante, tornano le morti per overdose da eroina.
Secondo l’ultimo report della Direzione centrale servizi antidroga (Dcsa): “Crescono, invertendo un trend decennale che sembrava consolidato, le morti per overdose. Nel 2017, complice verosimilmente l’impennata nei consumi di eroina, tornano a segnare un sensibile aumento (più 9,7%)”. A leggere i dati raccolti da geoverdose.it, progetto della Società italiana tossicodipendenze, si può scoprire che nel 2017 i morti per overdose sono stati 148, e altri 138 nel 2018 contando quelli fino a i primi di novembre. Numeri che sono destinati ad aumentare, soprattutto con ministri che continuano a sostenere che tutte le droghe sono uguali, nascondendosi dietro al proibizionismo nei confronti della cannabis light per un mero tornaconto elettorale, e facendo finta di niente davanti alle vere emergenze.
Intanto in Irlanda è appena stata presentata una proposta per depenalizzare il consumo di tutte le droghe, la stessa scelta fatta dal Portogallo nel 2001, in piena emergenza eroina, che ha portato ad un calo dei consumatori del 70% e ad una drastica diminuzione delle morti da overdose, grazie ad approcci come la riduzione del danno e l'informazione capillare.
Perché criminalizzare i consumatori, di qualunque sostanza si tratti, significa spendere soldi e risorse per processare e arrestare delle persone che nel peggiore dei casi andrebbero semplicemente aiutate, mentre gli spacciatori ringraziano, i consumi crescono e mercati da miliardi di dollari foraggiano mafie e criminalità organizzata.