Ci credereste se vi dicessi che chiunque può acquistare cannabis e hashish sul dark web, in maniera totalmente anonima e sicura, e che è talmente facile che anche un ragazzino di 14 anni ne sarebbe in grado?
È quanto abbiamo dimostrato nel decimo episodio del podcast antiproibizionista “Stupefatti”, intitolato “Il lato oscuro”, ed è il frutto delle nostre ricerche sulle nuove tecnologie applicate al traffico illegale di stupefacenti.
Il dark web è una porzione di internet che non viene indicizzata dai comuni motori di ricerca, non è possibile quindi accedervi partendo da Google. Al suo interno si trovano centinaia di siti specializzati che vendono e recapitano in tutto il mondo ogni sorta di sostanza illegale.
Ciò che in molti ignorano è quanto sia facile e sicuro accedervi e fare acquisti.
Per farlo occorre dotarsi di un programma per mimetizzare e occultare la propria navigazione in internet chiamato VPN. È un servizio in abbonamento che chiunque può sottoscrivere al costo di poche decine di euro l’anno. Inoltre si deve utilizzare un software gratuito chiamato TOR, che permette di comunicare con internet in maniera assolutamente anonima. È importante precisare che né TOR né le VPN sono strumenti illegali, sono anzi risorse preziosissime che servono per tutelare la libertà e la privacy di milioni di persone nel mondo e vengono comunemente usati, a titolo esemplificativo, da dissidenti e giornalisti per difendersi dalla repressione politica e dalla censura nei Paesi soggiogati da regimi autoritari. Usando queste tecnologie chiunque può quindi navigare senza correre il rischio di venire spiato o controllato.
A questo punto tutto quello che resta da fare è trovare il sito di un venditore. Su internet sono facilmente reperibili centinaia di elenchi, sempre aggiornati, di indirizzi dark web suddivisi per vere e proprie categorie merceologiche.
Ciò che colpisce di questi negozi online illegali è la facilita di utilizzo e l’immediatezza dell’interfaccia utente: sono del tutto equiparabili ad eBay o Amazon.
C’è la possibilità di filtrare le ricerche per tipologia di sostanza, per categoria di prezzo, per affidabilità del venditore o per Paese di provenienza della merce. Con un piccolo sovrapprezzo si può addirittura avere un servizio di consegna rapida.
I pagamenti sul dark web avvengono attraverso i Bitcoin, monete digitali che consentono di rimunerare ovunque nel mondo garantendo un ottimo livello di anonimato perchè sfuggono al controllo della finanza tradizionale. Si possono acquistare e scambiare facilmente (e legalmente) online in appositi forum e siti.
La sostanza ordinata viene recapitata sottovuoto ed all’interno di una speciale confezione ermetica anti-odore. I pacchi sono anonimi e schermati da particolari pellicole plastiche che risultano impenetrabili agli scanner doganali e che ingannano ogni tecnologia ispettiva frontaliera.
Tutti questi accorgimenti mettono gli acquirenti completamente al sicuro?
I dati in nostro possesso ci consentono di poter rispondere affermativamente a questa domanda, soprattutto per gli acquisti di modiche quantità.
Grazie alle tecnologie appena descritte infatti, l’unica possibilità per le forze dell’ordine di intercettare il pacco incriminato sono i controlli a campione, metodologia che però consente di ispezionare solo una percentuale infinitesimale delle spedizioni postali.
Inoltre per la giurisprudenza italiana, qualora vengano intercettate sostanze illecite in dogana, il destinatario del pacco può essere incriminato solo se è possibile provare che ci sia stato un accordo col mittente/venditore. Tale evidenza si ottiene investigando l’esistenza di un accordo online o tracciando i pagamenti della merce, ma grazie al dark web e pagando in Bitcoin la possibilità di avere lasciato tracce è prossima allo zero. È statisticamente più probabile venire perquisiti acquistando nella piazza di spaccio sotto casa.
Sia chiaro che l’obiettivo di questa nostra inchiesta non è invogliare chi legge o ascolta il podcast a commettere illeciti online, ma dimostrare una semplice ed ineluttabile verità: il proibizionismo ha fallito perché proibire è impossibile. Se questo era vero trent’anni fa, all’inizio della cosiddetta “guerra alla droga”, è ancor più vero oggi con le nuove tecnologie a disposizione del crimine. L’unico approccio politicamente sensato è legalizzare e regolamentare.