L’hashish divenne popolare in Francia e in gran parte dell’Europa quando l’armata di Napoleone tornò dall’Egitto dopo tre anni di guerra e molto tempo trascorso a gustare i piaceri del fumo e dell’ingestione di hashish. Da allora la popolarità dell’hashish è aumentata, il mercato nero è uscito rafforzato da tutte le guerre nei paesi produttori come Libano, Iran, Iraq, Afghanistan e, più in generale, dalla War on Drugs americana. Il prezzo della proibizione nella Francia degli anni ‘70 era soprattutto una questione di qualità, proprio come succede oggi con la cannabis che è la droga illegale più coltivata e consumata al mondo.
Ho vissuto nei paesi produttori per vent’anni e l’ultimo quarto di secolo in California, principalmente producendo il mio hashish, per cui forse non sono il più qualificato per dare una panoramica generale sulla qualità del mercato nero odierno, ma di sicuro ho storie da condividere.
L’hashish puro non era raro negli anni ‘70 ma non era neanche così scontato. Come ho scoperto viaggiando nei paesi produttori, risulta davvero difficile giudicare la qualità se non l’hai mai sperimentata. Il marocchino Doppio Zero che fumavo in Francia non era il Doppio Zero che ho assaggiato sulle montagne del Rif in Marocco, non vi si avvicinava neppure; stessa cosa accade quando si parla di fumo afghano e nepalese o della charas indiana disponibili nel mercato europeo. L’hashish e la Charas esportati dai paesi produttori sono raramente della migliore qualità. Anche negli anni ‘70 e ‘80 le possibilità di fumare hashish puro erano piuttosto esigue se non eri direttamente connesso alla fonte.
L’odierna alta domanda e il mercato di maggiori dimensioni sembrano aver portato l’adulterazione della resina di cannabis ai livelli più estremi. Un’analisi chimica effettuata da laboratori rinomati sull’hashish sequestrato in Israele e in Repubblica Ceca quattro anni fa, non ha mostrato alcuna traccia di resina di cannabis, fumo falso al 100%. La ricerca “False hashish without cannabis resin” svolta da Lumír O. Hanuš, Dafna De La Vega, Michael Roman e Pavel Tomíček è letteralmente spaventosa. I due ingredienti principali nei campioni di hashish sequestrati erano una miscela di varie polveri di henné e di composti resinosi di diverse specie di pino (1). Io pensavo che ci fosse abbastanza fumo di bassa qualità nei paesi produttori da poter essere trasformato in hashish dall’aspetto invitante per il mercato nero, e che un prodotto contraffatto al 100% non era concepibile e non sarebbe mai esistito. Fumare resina di cannabis con un poco di adulterante “leggero” non è raccomandabile ma non rappresenta neanche una minaccia per la salute, invece l’inalazione di derivati di resina pura di pino e l’henné possono avere conseguenze avverse serie.
Il principio che sta dietro l’utilizzo di adulteranti nella resina di cannabis si basa sull’idea che il fumo di prima qualità dovrebbe essere una massa appiccicosa e malleabile, mentre quello di bassa qualità ha la consistenza di una tavoletta essiccata. Esiste una vasta gamma di composti in grado di trasformare l’aspetto di una tavoletta secca e friabile di hashish di bassa qualità in una massa appiccicosa.
L’uso di escrementi di cammello per tagliare il fumo è per lo più un mito. Per quale motivo un materiale leggero che costituisce una fonte di energia molto importante nella maggior parte dei paesi produttori e che, soprattutto, non assomiglia alle teste dei tricomi, dovrebbe essere preso in considerazione se c’è disponibilità di sabbia, una fonte inesauribile di materiale pesante che tra l’altro assomiglia alle teste dei tricomi?
Se facciamo affidamento su uno studio commissionato dall’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze (EMCDDA) nel 2015 e condotto da Pierre-Arnaud Chouvy (2); terra, henné, paraffina, cera d’api, colofonia (3), colla, farina, latte in polvere, liquirizia, caffè, olio esausto di motore, escrementi di animali e medicinali sono stati trovati in grandi quantità. La ricerca è basata su consumatori e su gruppi di osservatori.
Manuel Pérez Moreno, farmacista alla facoltà di Medicina Veterinaria di Madrid è co-autore dello studio svolto su 90 campioni diversi di hashish ottenuto da diverse fonti sul mercato nero della capitale spagnola. I risultati hanno rivelato che il 75% dei campioni analizzati contengono grosse quantità del batterio E. coli dovute alla contaminazione fecale, una conseguenza dell’ingestione di ovuli di fumo per passare la frontiera, un metodo di contrabbando comune tra il Marocco e la Spagna. La ricerca è stata pubblicata recentemente sulla rivista Forensic Science International e le sue conclusioni sono un duro colpo per i consumatori europei che devono guardare in faccia alla realtà. «La maggior parte dell’hashish venduto per le strade dell’area di Madrid non è adatto al consumo umano, soprattutto a causa di criteri microbiologici, e costituisce un pericolo per la salute».
La cattiva notizia è che, oltre agli adulteranti, c’è molto altro di cui preoccuparsi; i contaminanti naturali come le tossine microbiche, i batteri dannosi, i funghi e i metalli tossici pericolosi, così come tutti i contaminanti artificiali utilizzati da coltivatori poco etici o istruiti come le polveri di zolfo, il solfato di mare, i composti di mercurio, gli arseniati di piombo, pesticidi vari, miticidi, fungicidi e nutrienti chimici (4) comportano tutti gravi rischi per la salute.
La purezza di tutti i prodotti agricoli, non solo per la cannabis, comincia con la terra e con la metodologia di coltivazione. Sebbene la maggior parte degli adulteranti può essere rilevata con un poco di esperienza, i contaminanti naturali e chimici possono esserlo soltanto tramite analisi di laboratorio, il che rappresenta per me l’aspetto più positivo della legalizzazione in California.
(1) Lumír O. Hanuš, Dafna De La Vega, Michael Roman e Pavel Tomíček, (2015), False Hashish withouth cannabis resin, Israel Journal of Plan Sciences, 62(4):1-6
(2) Pierre-Arnaud Chouvy (2016), The supply of hashish to Europe, Background paper commissioned by the EMCDDA for the 2016 EU Drug Markets Report
(3) Colofonia, anche nota come pece greca, è una forma di resina solida ottenuta dai pini e da altre piante, per lo più conifere. Viene prodotta riscaldando la resina liquida fresca per vaporizzare i componenti terpenici volatili. È semitrasparente e il colore varia dal giallo al nero.
(4) Matt Cohen, TriQ, Inc. Jeremy Ziskind, BOTEC Analysis, (2013), Preventing Artificial Adulterants and Natural Contaminants in Cannabis Production: Best Practices, BOTEC Analysis Corp.